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L'istituto giuridico del bando e applicazione della giustizia criminale a Roma nello Stato Pontificio in età moderna
L’istituto del bando ha la sua origine nell’antico diritto germanico. Nel medioevo la funzione prevalente del bando fu quella di eiectio a civitate, con cui erano espulsi dalla città gli autori di gravi reati, i quali erano appunto “banditi”, privati di tutela giuridica e passibili di offese, con conseguente perdita della vita e del patrimonio.
Dall’inizio dell’età moderna questo istituto giuridico moltiplica le sue funzioni per assolvere alle esigenze di governo e, con la diffusione della stampa, il bando assume un ruolo significativo nell'amministrazione, civile e penale, ordinaria e straordinaria, delle autorità centrali e periferiche. Oltre ai bandi si iniziano a pubblicare notificazioni, decreti, ordini e altri provvedimenti, ognuno questi connotato da a un determinato scopo amministrativo. Parallelamente viene reinterpretato un altro antico istituto giuridico, l'editto, che, recuperato dal diritto romano, viene piegato alle nuove esigenze dell'amministrazione statuale. L'editto è utilizzato con funzione generalmente repressiva, il bando preventiva. Entrambi si affiancano alle fonti normative di legge più tradizionali, come statuti e bolle pontificie, rispetto cui dipendono, integrandole e pubblicizzandole. La facoltà di emanare bandi è riservata ai titolari dei principali organi amministrativi (in possesso dello ius banni).
In età moderna una peculiarità che contraddistingue e differenzia il bando (il termine comprende generalmente anche editti, notificazioni, istruzioni etc.) è la sua natura 'effimera' e di breve durata, che ben si accompagna alla natura amministrativa e immediata dei testi documentari pubblici esposti, costituiti spesso da disposizioni temporanee.
Lo stemma dell'autorità emanante (curiale o laica), che in bella evidenza precede il testo del bando, ha una finalità simbolica di comunicazione ben precisa. Infatti attraverso un uso dell'immagine destinato ad attrarre, al lettore del bando, anche se analfabeta o semianalfabeta, è trasmessa la raffigurazione immediata del potere governativo nei suoi tratti distintivi. I caratteri della stampa e lo stile adottato dal bando dipendono dai destinatari del provvedimento: scrittura a caratteri ben visibili e in volgare se destinata a una fascia consistente della popolazione, in latino ed elegante se destinati all’élites.
A Roma, così come nelle altre città italiane, i luoghi dell'affissione dei bandi coincidono con quei punti della città che ne possano permettere la maggiore diffusione possibile (ad es. piazze, mercati, chiese). L'affissione è affidata ai cursori della città ed è preceduta dalla lettura pubblica del banditore, sovente sono tubae premissio, secondo un preciso rituale sempre teso a richiamare l'attenzione. Dopo la promulgazione il bando è come se "fosse a ciascuno solennemente e personalmente intimato", come recita la frase conclusiva di molti provvedimenti, a sottolineare l'obbligo del singolo, in quanto soggetto di diritto, di conoscere la legge. Per permettere all'intera collettività di venire a conoscenza delle disposizioni, dopo la pubblicazione del bando è generalmente concessa alla popolazione di Roma una vacatio legis di cinque giorni, mentre quindici sono i giorni riservati al resto degli abitanti dello Sato pontificio.
Sebbene dotati di vis legis, i bandi si differenziano dalle altre fonti normative di legge, per dirla con le parole del coevo giurista G. B. De Luca, "primieramente circa la podestà; cioè che alcuni magistrati hanno la facoltà di fare bandi, ma non fanno le leggi, secondariamente che le leggi sono perpetue e non cessano per la mutuazione della persona o di quel magistrato, il quale l'abbia fatte, che all'incontro cessano i bandi, quando per autorità del sovrano, il quale può fare leggi perpetue, non si disponga diversamente". Si spiega quindi in tal modo l'emanazione immediata di bandi con i quali i titolari delle cariche principali appena eletti, rendendo noto il loro insediamento, affermano la titolarità del loro ufficio e la propria giurisdizione. Il bisogno della reiterazione di un bando appare quindi strettamente collegata alla necessità di aggiornare la vis legis, con la confirmatio o la renovatio.
Fra le categorie dei contravventori alle disposizioni dei bandi, si devono annoverare, in un contesto di autodisciplinamento, anche gli stessi organi di polizia – birri e soldatesche - e lo stesso personale amministrativo - notai, avvocati, giudici -, che spesso figurano proprio tra i primi a violare le normative dei bandi, specialmente per gli abusi compiuti nell'ambito del loro ufficio.
In età moderna le tipologie più ricorrenti di bandi emanati per la giustizia criminale riguardano: l'amministrazione degli organi preposti alla giustizia criminale e la relativa definizione di procedure e giurisdizioni; il banditismo, combattuto con emanazione di taglie e con normative straordinarie; la regolamentazione per la detenzione delle armi; le frodi contro il patrimonio pubblico e privato; il mantenimento dell'ordine pubblico in generale.
La produzione dei bandi per il controllo della criminalità rappresenta indubbiamente uno dei principali strumenti per attuare la fortemente ricercata "pace e buon governo" e per "conservare il quieto e pacifico stato". Ma quale è il concetto di ordine pubblico che si voleva fosse applicato e conservato?
L'ordine pubblico è innanzi tutto ordine morale e religioso. Specialmente in epoca controriformistica lo spirito che anima gli apparati amministrativi della Chiesa preposti alla criminalità porta a individuare nel disciplinamento morale della popolazione l'oggetto del suo governo e il principale mezzo per preservare l'ordine pubblico, la cui attuazione deve far leva sul forte senso religioso della popolazione, che continuamente deve essere educato e tenuto vivo. Il disciplinamento sociale trova nell'emanazione dei bandi non solamente una sua concreta espressione e un mezzo per guidare opportunamente i cittadini con ordini e divieti, ma anche un mezzo per coinvolgere la popolazione in una collaborazione attiva nel perseguire i contravventori alla legge, come ad esempio nel caso della giustizia retributiva fondata sui bandi con i quali si pubblicano le taglie. La politica di conquista delle coscienze fa sì che il contenuto e lo stile stesso dei bandi faccia capire che la violazione di una loro disposizione corrisponde ad un peccato religioso e quindi ad una trasgressione della legge divina e dello ius naturale, sottolineando così la labilità del confine fra il concetto religioso del peccato e il concetto statuale della punizione. Le stesse pene contenute nei bandi hanno in questo senso una funzione mirata non solo ad una costrizione fisica o ad un'imposizione pecuniaria, ma diretta anche alla redenzione delle coscienze.